Campo di orientamento parrocchiale 2011
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- Pubblicato Venerdì, 15 Luglio 2011 19:06
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Gambarie 17-19 giugno 2011
“L’importanza di una scelta.” Forse è questa la frase che meglio esprime l’anima di questo campo e sulla quale ognuno di noi è stato chiamato ad interrogarsi nel proprio piccolo e in modo più o meno approfondito.
Un campo che si è svolto a Gambarie, a casa Candelora, dal 17 fino al 19 giugno, a cui hanno partecipato ventisei ragazzi, non solo scout o membri dell’azione cattolica, ma anche giovani non appartenenti ad alcun gruppo associativo, i quali hanno avvertito l’esigenza di mettersi in gioco in questa esperienza per tutti certamente nuova, ma per loro sicuramente ancora più “alternativa”!
Appena giunti alla casa che ci ha accolti durante questi tre giorni, dopo i saluti e le sistemazioni nelle rispettive stanze, fin da subito si è compreso ogni attimo era davvero prezioso.
Così, il pomeriggio del primo giorno, Amos Martino ci ha delineato in maniera puntuale ed efficace le dinamiche del campo, illustrandoci le attività che avremmo svolto e facendoci realmente comprendere come ciascuna di queste sarebbe stata strutturata.
La brevità della sua presentazione è stata dovuta al fine di lasciare spazio ad un momento curato dal nostro parroco, Don Sasà, che ha voluto scandagliare con acume ogni aspetto concernente “le ragioni di una scelta”, ponendoci davanti a domande che alcuni di noi non si erano mai posti e che perciò rimanevano senza risposta e provocando una crisi positiva in coloro che erano certi della propria posizione, portandoli a mettersi nuovamente in discussione. In quelle lunghe ore, tra un sospiro di sollievo o di sconforto e gli occhi di ciascuno sospesi tra incredulità e indecisione, si è parlato di discernimento e di come quest’ultimo possa essere spiegato con l’abusata espressione “sognare ad occhi aperti”;
si è discusso sul fatto che non sempre il nostro desiderio di divenire qualcuno o di conseguire una determinata professione coincide con la nostra capacità nel perseguire quest’ultima e perciò è opportuno chiedersi: “sono infinite le possibilità del fare?”
Qualcuno annuisce con la testa e motiva la propria risposta, altri scuotono il campo negando l’assenso, altri tacciono poiché indecisi o semplicemente più timidi. Interviene perciò il parroco per rispondere a tutti i dubbi, asserendo che bisogna accettare che l’io abbia infinite potenzialità, le quali non possono essere completamente attuate nonostante l’individuo sia continuamente teso alla ricerca dell’infinito.
Un discorso che profuma di filosofia e che rispolvera le memorie scolastiche, riportando alla luce il binomio potenza-atto di cui ci aveva parlato il caro Aristotele.
E parlando di binomi, conseguentemente a questa affermazione ne sono derivati ben tre : l’importanza di conoscersi per conoscere, di giudicarsi per giudicare, di scegliersi per scegliere.
La maggioranza ha ritenuto che il più difficile tra questi fosse l’ultimo, e dopo un attenta analisi si è giunti alla conclusione che la scelta coinvolge vari parametri che forse molte volte sono stati sottovalutati o affatto considerati.
Scegliersi implica imparare a volersi bene, ad avere fiducia nelle proprie capacità, a scommettere su se stessi, a darsi sempre un ulteriore possibilità, ad esigere! La lunga conversazione si è conclusa mettendo in luce il piano motivazionale ed indagando su quelle che possono essere le attese derivanti da una determinata scelta universitaria, a partire dalle nostre per concludere con quelle dei nostri genitori, che ci hanno spinto a domandarci se sia lecito o meno che costoro si attendano qualcosa da noi e quanto il loro intervento in una scelta così importante debba influenzarci!
La sera stessa è stata pressoché dedicata alla rilettura di determinati test svolti precedentemente e al confronto tra le opinioni di tutti a riguardo.
Il giorno seguente, la mattina è iniziata con una lettura tratta dal libro del Siracide riguardo la sapienza, che si è cercato di attualizzare e concretizzare riportandolo sul piano dello studio, per giungere alla conclusione che bisogna credere e amare ciò che si studia per ottenere determinati risultati, poiché sottovalutando quest’ultimo si rimarrà abbandonati in balia del destino.
La stessa mattina si è verificato l’incontro fondamentale dell’intero campo con i rappresentanti delle facoltà di Giurisprudenza, Lettere e Filosofia, Architettura, Ingegneria, Medicina, Economia e Psicologia.
Ognuno si è presentato e in seguito siamo stati divisi in stanze tematiche in cui ciascun professore si è potuto focalizzare sulla materia di sua competenza aumentando gli interessi di coloro che lo stavano seguendo.
Nel pomeriggio invece si è svolta l’attività denominata “L’officina del sapere”, in cui ogni rappresentante di facoltà ha eseguito una simulazione di una lezione tipo, facendo entrare ogni ragazzo nel vivo del mondo universitario.
Purtroppo non tutti hanno potuto godere di questa opportunità, eppure il colloquio con alcuni educatori, laureati nella disciplina di cui non è potuta avvenire la lezione tipo, si è rivelato ugualmente proficuo e costruttivo.
La sera, la giornata si è chiusa con una liturgia eucaristica e una serie di giochi che hanno coeso ulteriormente il gruppo che li si era lì formato! Il giorno successivo è stato dedicato alla verifica.
Con un foglio davanti che presentava quattro colori per quattro diverse domande, ognuno di noi si è ritagliato un arco di tempo a propria scelta in cui ha potuto fare il punto su questa esperienza e giungere a delle conclusioni personali più o meno definitive.
La condivisione delle opinioni di ciascuno in gruppo ha permesso di mostrare l’entusiasmo di tutti per l’esperienza vissuta, il sorriso di chi ha visto una luce nuova sul proprio cammino, la gioia di chi, avendo scommesso e osato fino in fondo, non ha visto tradite le proprie aspettative e la felicità nell’aver trovato un nuovo amico.
Ed in quell’insieme ordinato di voci, la bellezza del momento era data dal fatto che sul volto di noi ragazzi c’era dipinta la medesima convinzione, la certezza nel poter dire “ si, ne è valsa la pena!”
Andrea Costantino