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- Categoria principale: Vita Parrocchiale
- Pubblicato Giovedì, 26 Febbraio 2009 20:46
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Percorso di catechesi per la via Crucis | “ALLA TUA LUCE VEDIAMO LA LUCE” Anno Santo straordinario della MISERICORDIA |
Ogni anno, durante la quaresima, la nostra parrocchia offre alla comunità la possibilità di partecipare ad un itinerario spirituale che, avendo come struttura portante la celebrazione della via Crucis, di per sé ricca di sapienza e tradizione, si completa con piccole meditazioni specifiche adattate al tema pastorale individuato per l’anno in corso, trasformando questa pia tradizione in un’occasione per tutta la comunità, di vivere un tempo di “esercizi spirituali”.
Il tema pastorale di quest’anno è ALLA TUA LUCE, VEDIAMO LA LUCE e si inserisce nel grande tema della MISERICORDIA, centrale in questo Anno Santo straordinario, voluto da Papa Francesco.
La nostra riflessione sarà quindi un percorso di catechesi proprio sulla misericordia, perché il cammino della quaresima ci accompagni nel nostro personale itinerario verso la conversione e verso l’abbraccio con il Padre Misericordioso.
Tema centrale della nostra riflessione sarà la parabola evangelica nota a tutti con il nome di “Parabola del figliol prodigo” che troviamo nel Vangelo di Luca.
“Spezzetteremo” il racconto evangelico in cinque passaggi, ciascuno dei quali, diventando il tema della via crucis, ci aiuterà a riflettere sul senso e sulle sfaccettature del nostro peccato e sulla grandezza del perdono. Sarà come un “esame di coscienza” collettivo, ma che ci coinvolge in prima persona e ci conduce, passo dopo passo, all’abbondanza della misericordia di Dio, questo Padre che, con pazienza, attende ciascuno di noi.
Nel testo riportato di seguito, le cinque parti sono già divise nei segmenti che accompagneranno la nostra riflessione.
Luca 15,11-32
1 “Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto”.
Il giovane figlio ha tutto ciò che è nella casa del padre. Ma non ne riesce a godere perché il suo cuore è dominato dal pensiero di “ciò che non ha” e che lo tormenta come un miraggio da raggiungere ad ogni costo. Ciò che gli “manca” diventa il motore unico del suo impulso e offusca tutta la bellezza di ciò che già ha.
E’ il meccanismo della TENTAZIONE e ne siamo soggetti tutti. Ci porta a desiderare con forza ciò che crediamo costituirà la nostra felicità e per questo siamo pronti a giustificarci e a giustificare ogni nostra azione, a qualunque condizione e prezzo.
2 “Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre”.
Ecco che dopo il peccato e lo sperpero, arriva la delusione e l’amarezza per la vacuità di ciò che si è raggiunto, che non solo non corrisponde affatto alle attese di felicità e soddisfazione, ma mostra tutta la tristezza per ciò che si è perduto. E’ la “grazia della VERGOGNA”.
La vergogna è il passaggio doloroso e salvifico che ci fa comprendere il male che abbiamo commesso e ci spinge verso il bisogno di chiedere perdono. E’ un passaggio obbligato verso la misericordia.
3 “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.
E cominciarono a far festa”.
Ma il padre è MISERICORDIA. Lui da sempre è rimasto al balcone, scruta l’orizzonte e attende. E vede questo figlio già da lontano e gli corre incontro e lo abbraccia. Non ha mai smesso di sperare in questo ritorno.
Il Padre, che pure abbiamo deluso e addolorato, non è chiuso in casa, pronto al rimprovero e al castigo, al contrario, ci attende e ci corre incontro, con un abbraccio smisurato, perché vuole fare festa con noi.
4 “Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso”.
Il figlio maggiore che sembra apparire solo alla fine della storia, nel suo disappunto, dice tutte cose vere e giuste. Queste verità però sono come una lama che lo separano, come una deriva, dalla comunione. La sua è una VERITÀ CHE FERISCE ( ad iniziare da se stesso) senza compassione e senza gratuità, è una giustizia tagliente, fatta di pesi e misure nette e che lo allontanano dall’amore.
Il figlio maggiore è ciascuno di noi.
5 “Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
La tentazione più grande è voler creare un recinto dove proteggere i giusti. Credere che, in definitiva, il recinto stesso è una ricompensa per i giusti. ( “Noi che siamo bravi stiamo qui, gli altri -quelli meno bravi, quelli forse pericolosi, quelli che ci imbarazzano, quelli che ci infastidiscono…- stessero pure bene ma, meglio più lontani, da un’altra parte…)
E’ voler barattare un amore sterile, sufficiente a se stesso, con la pienezza della condivisione con il Padre. E’ voler credere a tutti i costi che la pienezza si realizza anche alle nostre limitatissime condizioni.
“Alla sera della vita, SAREMO GIUDICATI SULL’AMORE” (San Giovanni della Croce)
Infine, la nostra sesta tappa guarderà alla dimensione “pubblica” della misericordia, quella che, evangelicamente si traduce nelle “opere”. Gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente diamo. Dunque il cristiano è chiamato a farsi “amore” sia verso chi ha difficoltà materiali (povertà, malattia, persecuzione, sfruttamento, detenzione…) ma anche verso chi vive disagi spirituali e ha necessità di essere ascoltato, consolato, sorretto e perdonato. Il tutto in un continuo sguardo verso il Padre, perché la preghiera è la strada che ci guida.
NOI, TESTIMONI DI MISERICORDIA, NELLE FRAGILITÀ DELL’ESISTENZA UMANA.
Il nostro percorso avrà quindi le seguenti sei tappe:
1. Alla tua Luce vediamo la luce: mentre la TENTAZIONE abbaglia la mente e il cuore
2. Alla tua Luce vediamo la luce: mentre invochiamo la grazia della VERGOGNA
3. Alla tua Luce vediamo la luce: mentre contempliamo il Padre che è MISERICORDIA e ci attende
4. Alla tua Luce vediamo la luce: meditando sulla VERITA’ CHE FERISCE quando viene impugnata come arma
5. Alla tua Luce vediamo la luce: perché “alla sera della vita saremo giudicati sull’AMORE”
6. Alla tua Luce vediamo la luce: noi, testimoni di MISERICORDIA, nelle fragilità dell’esistenza umana