Sacrum Triduum Paschale: i tre momenti di una unica Pasqua

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palme2012 sForse ancora nella mente di qualcuno riecheggiano le parole dell’Annuncio del Giorno di Pasqua proclamate per antica Tradizione durante la celebrazione dell’Epifania del Signore: “Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno. Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza. Centro di tutto l’Anno Liturgico è il Triduo de Signore crocifisso, sepolto e risorto che culminerà nella Domenica di Pasqua”. Esse permettono di comprendere con facilità come la Chiesa, Comunità del Risorto, celebri ogni anno i misteri dell’umana redenzione in modo speciale all’interno della Grande Settimana dalla Messa vespertina del Giovedì fino ai Vespri della Domenica di Risurrezione.

Ma per entrare nelle dinamiche storiche, teologiche e celebrative del Triduo Pasquale non possiamo per forza di cose non fare riferimento al mistero stesso della Pasqua di Cristo che prende forma e si chiarisce alla luce della Pasqua Ebraica, che letta nell’orizzonte di quella del Cristo diviene come una profezia: un semplice plastico rispetto all’edificio finito, come afferma Melitone di Sardi in una delle più antiche omelie pasquali del II secolo. È dunque necessario per una giusta comprensione volgere lo sguardo indietro per stabilire e comprendere per così dire quasi una simmetria che si realizza tra il mistero di Cristo, che vive dentro la tradizione giudaica, e l’attuale celebrazione della Chiesa.

Tre sono i momenti che possiamo intravedere nella Pasqua del popolo d’Israele: l’azione rituale dell’immolazione dell’agnello con il cui sangue vengono segnati gli stipiti delle porte degli israeliti il 14 del mese di Nisan, la memoria della liberazione dalla schiavitù egiziana ed il miracoloso passaggio all’asciutto in mezzo alle acque del Mar Rosso e la celebrazione rituale di tale avvenimento salvifico che Israele, secondo il comando dato da Dio a Mosè, rinnova annualmente rivivendo in forma di memoriale l’evento fondante e salvifico di liberazione, di salvezza e di alleanza con il proprio Dio.

 

Il compimento della Pasqua antica da parte di Gesù si realizza a partire da questa azione rituale che il popolo compiva annualmente, e che egli celebra e porta a compimento nella sua persona in una ottica rinnovata alla luce della sua imminente passione, morte e risurrezione; inoltre in lui abbiamo il compimento dell’immolazione dell’agnello pasquale nell’offerta della vita sulla croce come sacrificio volontario per la salvezza del mondo, che nella risurrezione aprirà la porta alla vera liberazione dalla schiavitù del peccato e della morte.

Gesù ha assunto ritualmente la Pasqua d’Israele, l’ha portata a compimento e l’ha trasformata nella cena della Nuova Pasqua, sua e della Chiesa; ha compiuto il mistero dell’agnello nel sangue sparso sulla croce e con la risurrezione dai morti ha portato a termine il simbolo della liberazione dall’Egitto.

Con queste prospettive storiche, bibliche e rituali dobbiamo interpretare l’azione della Chiesa che ogni anno con le sue celebrazioni rinnova nel Triduo Pasquale il memoriale dell’unica Pasqua vissuta storicamente dal Cristo duemila anni or sono e ripresenta in forma celebrativa e sacramentale nella liturgia l’offerta del Signore in tre diversi momenti consecutivi e indissolubilmente intrecciati. Così il Giovedì Santo si fa memoria della Cena della Nuova Alleanza, il Venerdì si celebra la Pasqua dell’Agnello Immolato e il Sabato nella Veglia Pasquale il transito glorioso di Cristo, la sua vittoria sulla morte e la realizzazione piena dell’Esodo di liberazione degli ebrei al quale tutta la Chiesa partecipa fin d’ora mediante il battesimo e l’eucaristia, i due sacramenti che uniscono l’uomo al Crocifisso – Risorto.

La Messa in Coena Domini celebrata nelle nostre Comunità nelle ore vespertine del Giovedì Santo assume un carattere tipicamente festivo e comunitario a partire dall’invito di Gesù: “fate questo in memoria di me!” che nell’ultima cena anticipa nel rito eucaristico la sua oblazione in prospettiva di vittoria. Un’unica azione rituale all’interno della quale si fa memoria dell’istituzione dell’eucaristia, del sacerdozio ministeriale e del comandamento del Signore sull’amore fraterno. Le letture della messa ci introducono in una prospettiva pasquale: la prima ci ripropone il racconto dell’immolazione dell’agnello compiuto in Egitto e riproposto ritualmente come memoriale dell’Alleanza di IHWH con gli ebrei, la seconda è il ricordo dell’istituzione dell’eucaristia che deve essere celebrata fino al ritorno del Signore; il Vangelo di Giovanni ci presenta l’eucaristia - il sacramentum caritatis, come ci ha ricordato ultimamente Papa Benedetto XVI - quale dono di amore e di servizio per i fratelli che si concretizza nella lavanda dei piedi di Gesù agli apostoli. La ripresentazione rituale di essa fatta dal sacerdote ad alcuni membri della Comunità ci deve spronare a cercare il volto di Cristo in quello di chi ci è prossimo, che diviene per ciascuno di noi “dono d’amore e vincolo di carità fraterna”. La Chiesa inoltre in questa notte ci invita ad adorare personalmente e comunitariamente il SS.mo Sacramento dell’Eucaristia riposto nell’ altare della reposizione - che non è affatto da intendersi come il sepolcro di Gesù - per accogliere l’invito di Gesù al Getsemani di vegliare e pregare incessantemente per non cadere in tentazione. Una celebrazione serale quella del Giovedì Santo che è ricordo del momento in cui prima di consegnarsi alla morte il Signore affidò per sempre alla sua Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore, perché questa lo perpetuasse in sua memoria.

La celebrazione pomeridiana dell’azione liturgica della Passione del Signore del Venerdì Santo, giorno di silenzio e di digiuno, ci proietta al dono totale di Gesù che offre la sua esistenza sulla croce come il Servo Sofferente del Profeta Isaia: il Messia, l’Agnello condotto al macello, la Pecora muta di fronte ai suoi tosatori che non apre la bocca per lamentarsi e non indietreggia dinanzi alla volontà del Padre. Tutto ciò ci viene proposto nella Liturgia della Parola del giorno, che medita la Passione di Gesù raccontata dall’evangelista Giovanni. Altro elemento rituale proposto dalla liturgia è l’adorazione della croce alla “quale fu appeso il Cristo Salvatore del mondo”: in un mondo fatto di linguaggi iconici,la croce è proposta quale unico sostegno al quale aggrapparsi per sperimentare la comunione con Cristo. La Comunione eucaristica, con il pane consacrato durante la messa della Cena del Signore, interrompe l’antica tradizione del digiuno, previsto in questo giorno per nutrire la Chiesa del pane di vita che ricolma il cuore dell’uomo.

Il Sabato Santo è per eccellenza il giorno del grande silenzio della Chiesa che contempla il mistero di Cristo sepolto e disceso agli inferi per liberare dalla schiavitù della morte gli antichi Padri. La prospettiva cambia in questo giorno assumendo in seguito una dimensione gioiosa e pasquale durante la Veglia di Risurrezione diventando la radice ed il culmine dell’intero Anno Liturgico e, come dice S. Agostino, “la Veglia madre di tutte le sante veglie”. Troviamo in essa una marcata caratterizzazione pasquale con l’accensione nel buio della notte dal “fuoco nuovo” del Cero, simbolo del Cristo Risorto, accompagnato dal canto dell’Exultet e della Liturgia della Parola; assume una specifica caratteristica battesimale con la benedizione del fonte ed il rinnovo delle promesse battesimali, segno della Pasqua della Chiesa, popolo nuovo rinato dal fonte e rigenerato dall’acqua e nello Spirito, ed infine una dimensione eucaristica che ci introduce alla partecipazione, al convito della gioia, immagine della vita nuova e del regno promesso.

Infine la Domenica di Pasqua celebra l’evento pasquale come giorno di Cristo Signore ricolmo della gioia di chi dopo quaranta giorni di digiuno, preghiera ed elemosina, sperimenta la presenza del Risorto e gli va incontro cantando: Alleluia, lodate il Signore! per essere rinnovati nel Suo Spirito e rinascere nella luce del Risorto.

La Cinquantina Pasquale, che ha senso alla luce del Dies Resurrectionis, celebra come in un solo giorno di festa la Pasqua del Signore, quando la Chiesa - Sposa canta con fiducia al Cristo suo Sposo l’inno di ringraziamento e di lode che diviene messaggio di gioia e di speranza per l’umanità di tutti i tempi: “Cristo è risorto dai morti e con la sua morte ha distrutto la morte!”.

                                                                                                         Sac. Luigi Cannizzo

   
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