Visita al monastero di Sales
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- Categoria principale: Azione Cattolica
- Pubblicato Mercoledì, 15 Febbraio 2012 22:38
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Non sapevamo ancora bene cosa ci aspettava. Gli educatori ci avevano solo detto che si trattava di una sorpresa, tanto che ci diedero appuntamento in Parrocchia alle tre di un freddo sabato pomeriggio. Orario particolare considerato che, solitamente, la riunione giovanissimi - la nostra riunione - ha sempre inizio intorno alle diciotto, prima della classica passeggiata sul corso reggino. Ma tutto aveva un motivo. Quel sabato, di lì a poco, si sarebbe rivelato davvero speciale. Ci siamo, infatti, incontrati per recarci in un posto silenzioso, forse avvolto un po' dal mistero. Stiamo parlando del Monastero di ordine claustrale della Visitazione, eretto ormai da qualche anno presso le campagne di Ortì, piccolo centro posto sulle colline di Reggio Calabria.
L'emozione era palpabile per noi giovanissimi di Azione Cattolica. Per quasi tutti noi, educatori compresi, era la prima volta che entravamo in un convento e non sapevamo cosa ci potesse attendere, se non una testimonianza di fraternità e devozione al Vangelo. Giunti in questo luogo sacro, fatto di pietra, quasi a voler ricordare antichi tempi, ed accompagnati dall'aria pungente, ci siamo subito accorti della diversa atmosfera che lì si respirava, atmosfera di pace, silenzio e tranquillità. Gli educatori avevano già avvisato del nostro arrivo, cosicché appena dentro il Monastero, ci ha accolto una suora dal tipico abito accollato stile francese, che rispecchiava pienamente le caratteristiche di quel luogo. Noi, curiosi, e forse all'inizio anche un po' intimoriti, abbiamo iniziato ad instaurare con Suor Maria Amata, che dialogava con noi separata da una grata, una relazione sempre più intima e profonda. Abbiamo potuto avvertire e percepire la sua serenità, la pace interiore, la forza della preghiera che questa nutriva mentre rispondeva ai nostri perché.
Quel luogo, per noi così austero, era per lei una casa in cui donarsi a Dio per sempre. Capì, dopo lunghe riflessioni ed un attento discernimento, che la sua vocazione, ciò per cui era stata creata, era quella di vivere umilmente, costantemente al servizio di Dio, così come aveva insegnato la Vergine Maria. Sembra incredibile, ma il sorriso di quella sorella, la serenità, lo sguardo vivo e speranzoso hanno toccato davvero i nostri cuori e la gioia pura di cui è viva espressione, probabilmente non deriva dal fatto di aver ricevuto un dono, ma piuttosto dall'aver donato se stessa. Si è addirittura confidata con noi, quando ci ha raccontato dei dispiaceri – piccoli, se messi a confronto con la felicità che deriva dall'aver conosciuto l'immensità dell'Assoluto – provocati dall'aver dovuto abbandonare il rapporto quotidiano con amici e parenti.
Nel colloquio che abbiamo avuto modo di intrattenere, Suor Maria Amata si è spesso abbandonata ad eloquenti metafore, nel tentativo di farci comprendere il ruolo che lei occupa all'interno della grande famiglia di cui noi cristiani facciamo parte. Tra queste ha paragonato se stessa, e le sorelle che l'accompagnano in questa sua avventura terrena, alle radici di un albero, simbolo della Chiesa e della società, affermando che da queste radici, celate e nascoste ma forti e robuste, tutta l'umanità riceve quella linfa necessaria per vivere secondo la logica dell'Amore. È difficile per noi ragazzi comprendere fino in fondo questa realtà, forse siamo ancora troppo piccoli, o forse no.
Noi, circondati da un rumore assordante, quasi intimoriti dal silenzio. Abbiamo comunque apprezzato questo bell' esempio di vita, semplice, parco, umile, ricco di sacrifici ma anche di responsabilità. Ne abbiamo raccolto, con estrema attenzione, le parole ed abbiamo conosciuto i metodi delle attività svolte in Convento, del lavoro, e del ritmo con le Suore scandiscono le ore delle giornate. Inoltre ci è stata rivelata la possibilità, per chi ne faccia richiesta, di frequentare una scuola di preghiera, grazie alla quale le Sorelle insegnano a mettersi in contatto con Dio.
E' vero, un invito del genere servirebbe a noi giovani. Dovremmo imparare a pregare, istaurando quotidianamente il dialogo ed esercitandoci nel perdono.
Quel che è certo è che siamo usciti da questo incontro con tanto ossigeno, nel corpo e nell'animo, arricchiti da un' esperienza davvero autentica che ci ha aiutato a scoprire, ancora più da vicino, la bellezza di una vita che diventa sempre più ricca e piena quando si fa dono.
Federico Zindato